Storia della ricerca

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La Kephala e l'area circostante vennero identificate da T. Spratt (Spratt 1865) e più tardi da F. Halbherr (Halbherr 1896), come sito dell'antica Sybrita, città ellenistica e romana indicata nella Tabula Peutingeriana — itinerario stradale del IV secolo d.C. — quale stazione intermedia sulla strada che da Gortyna portava ad Eleutherna. Il corso del fiume Helectra (odierno Platis) collegava la città antica al suo porto, Soulia — corrispondente alla moderna Aghia Galini, sulla costa meridionale.
Sybrita è nota sia tramite iscrizioni sia tramite monete. Un poderoso muro di fortificazione, di età ellenistica o più tarda, alla base delle pendici meridionali della Kephala, un mosaico policromo sottostante i resti della basilica paleocristiana nei pressi della chiesetta bizantina di Thronos e le numerose iscrizioni rinvenute sia a Thronos sia nel vicino villaggio di Ienna immediatamente a sud-ovest della Kephala sono i resti archeologici della città ellenistica e romana noti già da molti anni. Di recente la KE' Ephoria ton proistorikon kai clasikon archaiotiton, sotto la direzione di N. Karamaliki, ha avviato una serie di campagne di scavo nel villaggio di Aghia Photini, ad ovest della Kephala, mettendo in luce importanti resti della città ellenistica e romana di Sybrita.

Quanto alla Sybrita preclassica, di particolare interesse è il fatto che a Roberto Paribeni, archeologo italiano impegnato negli scavi in Messarà, nel 1903 vennero mostrati, nel vicino villaggio di Kalogerou, un'anforetta a staffa e un'askos, tipici vasi della Dark Age, i quali potrebbero provenire dall'insediamento, allora ignoto, sulla Kephala. Modesti saggi di scavo effettuati da E. Kirsten durante l'occupazione tedesca dell'Isola (Kirsten 1942) non ebbero invece risultati degni di nota.
Nel 1956 M. Ventris e J. Chadwick proposero di identificare Sybrita con il toponimo miceneo su-ki-ri-ta (Ventris-Chadwick 1956), identificazione che divenne ben presto largamente accettata. Il toponimo è chiaramente attestato anche nella Lineare A (Godart 1984). Nel 1964 a seguito della ricognizione che effettuarono per conto della British School at Athens (Hood, Warren, Cadogan 1964), S. Hood, P. Warren e G. Cadogan dedussero l'esistenza sulla sommità della Kephala di un insediamento Tardo Minoico III e Geometrico.
Sulla base di tali dati, nel 1986 Luigi Rocchetti (CNR/Istituto per gli studi micenei ed egeo-anatolici) e Niki Prokopiou (KE' Ephoria ton proistorikon kai clasikon archaiotiton) iniziarono un ciclo di scavi in seguito ai quali misero in luce gran parte delle strutture tuttora in vista sulla Kephala. Venne così definitivamente accertata l'esistenza di un insediamento della Dark Age anteriore alla fondazione della Sybrita ellenistica e romana (Prokopiou 1991; 1994; 1997). I risultati acquisiti in quel primo ciclo di scavi sono riassunti in un volume edito da L. Rocchetti (Rocchetti 1994).

Nel 1999, dopo una serie di campagne dedicate allo studio dei materiali e all'analisi dei resti sul terreno, Anna Lucia D'Agata e Nota Karamaliki hanno riattivato il progetto di scavo sulla Kephala (SYBAP/progetto Sybrita). Il progetto, ancora in corso, è articolato in quattro campagne di scavo (1999-2000; 2002-2003) e una serie di campagne di studio (2001, 2004) delle strutture tuttora in vista sulla sommità della collina, e dei materiali rinvenuti finora. L'indagine archeologica del centro antico di Sybrita fondato sulla Kephala nel XII secolo a.C. è rivolta in primo luogo alla ricostruzione dell'identità culturale dell'insediamento nelle sue varie fasi di vita. Deve essere segnalato il rinvenimento nel 2002 del cratere fittile THK02/1, databile al passaggio tra XI e X secolo a.C., che costituisce un'eccezionale documento dell'artigianato greco delle origini. Esso è decorato con una scena figurata che include dei guerrieri e rappresenta il più antico esempio di tal genere sulla ceramica greca, così contribuendo in maniera determinante alla comprensione dei fenomeni sociali che portarono alla formazione della città di Sybrita. La storia del sito mostra in tal modo di poter assumere valore di modello locale per la ricostruzione dei processi che alla fine dell'età del Bronzo portarono nell'isola alla nascita di nuovi insediamenti dalla gran parte dei quali pochi secoli dopo sarebbero scaturite le città.